Non vi è dubbio che gli anni cinquanta siano stati il periodo più fecondo e importante della fotografia italiana del Novecento. Il ricordo della guerra non del tutto sopito; la miseria, ancora molto diffusa, e il boom alle porte; l’animarsi dello scontro ideologico; il proliferare delle riviste illustrate, prima dell’ avvento della televisione, fecero da sfondo a questa stagione straordinaria, che vide opporsi e fondersi insieme, nella fotografia, ideali estetici ed ideologici affatto diversi.
Insieme con i suoi sodali del gruppo La Bussola, Giuseppe Cavalli di quella stagione rappresentò il rigore, la ricerca formale, volutamente distante dalle urgenze della cronaca e della lotta politica. Fotografo modesto, ma infaticabile animatore, Cavalli raccolse intorno a sé i più dotati tra i giovani fotoamatori: tra questi, Mario Giacomelli, Piergiorgio Branzi e Alfredo Camisa pochi anni più tardi avrebbero dato alla tradizione uno strappo, dando vita a una nuova avanguardia.
Di contro a Cavalli, a Venezia maturò il genio di Paolo Monti, intorno al quale si formarono professionisti di infinito talento, come Fulvio Roiter e Gianni Berengo Gardin. Assorbendo suggestioni diverse, dalla Subjektive di Steinert alla pittura informale, questi giovani diedero vita ad una fotografia di intensità inusata, di neri profondi e di ricercati contrasti, che fecero scuola anche a quegli intellettuali, che alla fotografia affidavano compiti di denuncia e di riflessione sociale.
Il cinema neorealista aveva lasciato alla fotografia una tradizione di impegno; e la fotografia certo offriva ai più engagées uno strumento di grande efficacia. Le inchieste etno-antropologiche condotte da Franco Pinna al fianco di Ernesto De Martino restano esemplari al riguardo.
Ma non sempre gli ideali e le immagini seguirono vie parallele. Gli anni Cinquanta furono, del resto, politicamente assai turbolenti: il rapporto di Kruscev sulle efferatezze di Stalin, i fatti di Polonia, l’invasione dell’Ungheria Scossero molte coscienze. Le scene più drammatiche dei giorni di Budapest il mondo apprese attraverso le fotografie di Mario De Biasi: un monumento, nella storia del fotoreportage. Con queste immagini, pubblicate in copertina anche da “Life“, per la prima volta il fotogiornalismo italiano si affermava sulla scena mondiale.
Altri volti, altri sogni avrebbero occupato la stessa ribalta, allo svoltare del nuovo decennio: i miti della dolce vita, il genio possente di Federico Fellini, la bellezza mozzafiato di Sophia Loren, magistralmente ritratti da Tazio Secchiaroli.
Paolo Morello
(presentazione della Mostra “La fotografia in Italia, 1945-1975″ (12 febbraio-2 giugno 2010))